lunedì 15 ottobre 2018

Teere

'Nonna è vero che esistono le ranocchie da noi?'
'Certo' rispose la nonna
'qualche volta esistono anche da noi' ripetè Teere saltellando sulla riva del laghetto, tenendo sempre gli occhi fissi sulla riva. Si fermarono sul pontile scaldato dal tiepido sole di quella domenica mattina autunnale e lì si sedettero entrambe.
Più in là un uomo seduto sulla panchina, il cappello in testa e un giubbino blu della festa e le scarpe lucide, parlava da solo; sul bordo dello schienale erano appese ad asciugare tre paia di calzine. Tutto l'intimo di sua scorta.
E più in là, sotto i pioppi il tavolone da picnic era occupato da tre donne con il Hijab, sorridenti distribuivano la colazione ai loro otto bambini. Senza chiasso, nessuno li sentiva. Molti jogginisti non li 'vedevano' nemmeno, quasi fossero inesistenti.
E più in là sul muro esterno di un centro sociale appena sgomberato, Anton stà dipingendo la grande figura un ragazzo seduto, tra le gambe una console. Il murales è dedicato a Can, il suo amico morto tre mesi fa. A tutti dice 'Can amava cantare'.
Teere non sa cosa la circonda, continua a giocare sul pontile, cerca le ranocchie tra le anatre intente a pulirsi, aspettando che arrivi la sera di quella tiepida domenica; aspettando il rientro a casa di suo papà partito senza di lei per un 'breve weekend'. La nonna ha tolto la giacca, ad occhi chiusi prende il sole sulla faccia. 

Nessun commento:

Posta un commento