mercoledì 31 ottobre 2018

Misa

In questi giorni Cris non fa altro che parlare di Misa, una gattina di nove anni dal pelo biancoarancione, esile, un po' malformata ma dolcissima. L'ho conosciuta durante le mie visite in casa della nonna: era diventata 'la sua gattina'. Ricordo che stava sempre nascosta in qualche angolo, nell'armadio o sotto il letto, era timida e aveva paura degli altri gatti domestici della casa. A me piaceva molto, era tenera e indifesa. 'Veniva' da una pozzanghera troppo grande per lei che aveva poco più di un mese. La pioggia era caduta per tutta la notte, i forti tuoni avevano tenuto svegli gli animali della zona, domestici e selvatici. Mamma gatta aveva fatto una selezione e deciso di abbandonare quella sua micetta molto fragile, dalla testina troppo piccola rispetto al corpicino, con un occhietto più stretto dell'altro. Tanto non sarebbe sopravvissuta, una bocca in meno da allattare. E lei, come una cieca, vagando sotto la pioggia era caduta in una pozzanghera ai bordi del marciapiede di una stradina secondaria nel Pavese, che portava in un gruppo di villette. E lì era rimasta, inerme, arrotolata su stessa come una pallina. La pioggia ininterrottamente  allargava la pozzanghera. È lì la vide Dani passando in auto mentre andava al lavoro. È lì la rivide nel tardo pomeriggio rientrando a casa. La raccolse, stava in una mano, respirava ancora. Busso' alla porta della nonna e le consegno' quella 'pallina' inzuppata di acqua, dentro batteva un cuoricino. Così iniziò la vita di Misa con la nonna, bevendo il latte dal biberon e dormendo sul suo grande letto. Da allora sono passati nove anni. 
Ieri a Misa hanno tolto due calcoli dall'uretere e da come parla Cris non sta tanto bene. È un intervento difficile: mettere uno stent nei nostri sittilissimi 'condotti' richiede abilità chirurgiche elevate. Vi parlerò dell'intervento un'altra volta. Ora è la' con la flebo, il collare di Elisabetta, un 'taglio' sul pancino che le duole, distrutta e sola in una gabbia della clinica veterinaria. La penso tanto e vorrei essere con lei per farle le fusa e darle qualche leccatina sulla nuca. So cosa vuol dire sentirsi sola e abbandonata, fa tanto male il cuore più dei punti di sutura! 

sabato 27 ottobre 2018

L'Alleluia di Valeria

alleluia ai malati
alleluia alle persone sole
alleluia a tutte quelle mamme che lottano ogni giorno per far valere i diritti dei loro figli
alleluia a chi ha coraggio e non si abbatte mai
alleluia all'amore in tutte le sue sfumature
alleluia a chi lotta per vivere ogni giorno
alleluia al Signore
Alleluia

giovedì 25 ottobre 2018

L'Alleluia di Andrea

Ho smarrito la mia Alleluia quando ho perso mia moglie
Ho ritrovato la mia Alleluia quando ho trovato il mondo
La mia Alleluia è il mio incedere giorno dopo giorno accanto agli altri
E' il loro sorriso quando li porto a spasso
E' la loro mano calda che cerca la mia quando hanno paura del passato e del futuro
E' il 'buongiorno Andrea, ti sei alzato anche oggi vedo' del barista che mi fa il cappuccio la mattina 
E' il mio incedere lento sul marciapiede mentre un'ambulanza lontana mi squarcia i timpani 'non tocca ancora a me'
E' la sera che mi avvolge con la sua malinconia mentre mangio la pastina 
La mia alleluia è la notte che mi stendo con lei, nonc'è fisicamente, ma la sento respirare accanto a me
E' la sua mano che ancora mi sfiora la fronte 'buonanotte amore mio' 
E' il sonno che mi prende mentre già sogno di stringerla sul fianco
E' l'alba che mi sveglia sorridendo e sono pronto per riportarla fuori con me 
La mia alleluia sono gli amici e non amici che quel giorno incontrerò sul mio percorso
Viva la vita, viva l'Alleluia che cè in me, lei l'ha riposta in me 


Crino

Era una domenica di luglio, sulla riva del loro lago, per la prima volta l'abbraccio spegneva dolcemente i battiti impazziti nascosti nei loro petti. Poi in casa l'amore, lentamente, fuori il tempo scorreva veloce sull'immobile acqua verde. Mentre la baciava Crino si sentiva avvolto da una musica travolgente, gli sembrava una via di mezzo tra l'anomino veneziano e il motivo di Lara. E mentre l'amava scriveva sulla mente indelebili spartiti di musica per una grande orchestra. Anche se non era il suo mestiere. 
Crino la rivide per caso sulla passeggiata di Nervi, quanti anni dopo! non sapeva. Tanti, ma non gli importava, sembrava ieri. 'Chi ti ha mandato? E' troppo tardi' le sussurrò, respirando il profumo indimenticabile dei suoi capelli. Il Laos era lontano oramai, là aveva vissuto per anni coltivando riso da esportare. Una notte un immenso falò illuminò il cielo del Laos, le coltivazioni di riso bruciavano, il fuoco correva sul campi coperti d'acqua. Si spense allorchè l'acqua fu prosciugata completamente in cielo. 'Ho odiato la mia partenza' le sussurrò lui scostandole una ciocca di capelli per sfiorarle la fronte. Una dolce carezza rubata ai passanti e al mare bianco che si infrangeva rumoroso sulle rocce. 'Mi hai cacciato dalla casa sul lago. Si, mi hai cacciato' continuò Crino trattenendo le lacrime. 'Ti ho cacciato dalla nostra casa, non dalla mia vita' gli sorrise baciandolo lentamente. Era bella come a lui piaceva e l'amava come sempre; di colpo una musica travolgente riprese a suonargli impetuosa nella testa. Lei lo aveva cacciato da casa per vivere tranquilla: quell'assordante, dolcissima, incessante musica, giorno dopo giorno, la frastornava. Si aggrappò a lei stringendole le mani 'troppo tardi, ho due giorni di vita' si, il medico gli aveva dato al massimo tre mesi di vita. Crino aveva contato i giorni. Due giorni, un'eternità. 

mercoledì 24 ottobre 2018

L'Alleluia di Mirtillo14

Alleluia, perchè ho avuto uno zio come te, perchè mi sei sempre stato vicino e mi hai voluto bene. 
Alleluia perchè ti sei interessato ai miei problemi e hai cercato di aiutarmi.  
Alleluia perchè hai cercato di farmi sentire meno sola sempre ma, soprattutto, l'anno scorso, quando mi sono fatta male e ho dovuto curarmi per lungo tempo. 
Alleluia perchè ora sei libero dal peso del tuo corpo malato, sei libero dalle cure e dagli esami infiniti e che non davano effetto.  
Alleluia perchè so che mi starai vicino ancora come hai sempre fatto. 
Alleluia perchè sono certa che ora hai trovato la Pace che cercavi" 

L'Alleluia di Vincenzo

Alleluja a chi non si è mai montato la testa;
alleluja a chi non infesta il web con le sue stupidaggini;
alleluja a chi non va su fb;
alleluja alle madri lasciate sole a tirar su figli;
alleluja a chi rinuncia alla partita di calcio in TV per far vedere alla compagna quello che le pare.
Alleluja, alleluja, allelujà 

L'Alleluia di Sinforosa

Alleluia agli innocenti
Alleluia ai sinceri
Alleluia ai coerenti
Alleluia ai rispettosi delle leggi umane
Alleluia a chi difende i diritti degli animali quanto quelli degli embrioni
Alleluia a chi vede il fratello nel diverso
Alleluia ai laboriosi
Alleluia agli onesti
Alleluia ai veri giusti.



domenica 21 ottobre 2018

Yukio


Oggi non sono in forma, ho vomitato due volte e mi sento debole. Eppure prendo con precisione le medicine del mattino, sopporto le flebo e le iniezioni. Non ho appetito, non mi va giù nemmeno la mia pappa preferita, tonnetto e acciughine. Cris ha esaminato il mio vomito ‘pelo e cibo di ieri’, questo il suo commento. Forse ha ragione lei, non riesco a liberarmi del bolo del pelo, mi lecco tanto soprattutto sulla schiena dove entrano gli aghi. Me ne sto rannicchiata nel mio divanetto con gli occhi chiusi; non mi va nemmeno di guardare le piante del parco, i cani che gironzolano con i loro ‘papà, mamme, fratelli o sorelle’, neppure mi va di ascoltare la voce gioiosa dei bambini che di domenica giocano nel parco tra scivoli, casette delle fate, corde e altri cose del genere. E nemmeno mi va di vedere passeggiare i nonni, che invece altre volte osservo con amore pensando alla mia nonna Francesca.
Mi ravvivo un po' e raddrizzo le orecchie solo quando Cris mi parla di Yukio, un micetto di due mesi arrivato per fare compagnia a Hope. Non certo per prendere il posto di Guapo, che resterà sempre con noi e non sarà mai sostituito né sostituibile. Yukio, in giapponese, significa ‘piccolo fiocco di neve’ in contrapposizione a lui che è completamente nero nero! Mi piace tanto questo ‘contrasto’ e sono felice che sia con noi, nella nostra famiglia ‘allargata’ di gatti. E’ un cucciolino trovatello, portato insieme ad altri dieci cuccioli, nel giardino della casa dei genitori di Samu, nel varesotto. Lui è stato scelto perché è molto simile a Nuar, la gatta della mamma di Samu, nerissima pure lei con alle spalle la medesima storia di ‘trovatella’ proveniente dalla stessa colonia di gatti del paese. Si pensa quindi che possano essere parenti. Nuar e Yukio, magari cugini, forse con geni in comune. C’è una sicura differenza però: gli occhi verdi di Yukio, contro quelli gialli di Nuar.
Sono felice che Yukio abbia trovato una famiglia e guardando la sua foto mi piace molto! Benvenuto tra noi gatti cittadini e tante zampettate a te.


sabato 20 ottobre 2018

Randi8


Un altro momento che mi godo è l’imbrunire. La luna bassa di fronte, il rossore appena accennato del cielo, la luce del giorno che si spegne lentamente. Sono serate che non mi posso perdere: è il mio happy hour solitario. Sono stesa sulle gambe di Cris, rivolta verso la luna; Cris è distesa sul divano, rivolta verso la luna. Sento il suo addome che si alza e si abbassa al ritmo del suo respiro calmo, scrive. Quel movimento lento e ritmico sa di eternità, mi culla come fossero onde del mare, che non ho mai visto se non in televisione. Smetto di fare le fusa, rilasso perfino le orecchie e i baffi, chiudo ‘fuori’ tutto e tutti. Questa è la ‘pace perfetta’: io e la luna sempre più bianca, il calore del mio corpo unito a quello di Cris, la luce che si affievolisce, la gioia che mi pervade. Chi dice che noi gatti non abbiamo emozioni si sbaglia di grosso!
Ho imparato ad amare la luna fin da piccola, allora ero una gattina randagia e la luna era tre cose per me: l’unica luce tra le tenebre delle tante notti passate in allerta tremante di paura ad ogni rumore della campagna pavese, se c’era lei non pioveva e ‘domani ci sarebbe stato il sole’, era poi la mia amica confidente. Parlavo di tutto, soprattutto della fame che non passava, della paura di essere mangiata dagli altri animali selvatici e della profonda solitudine che sentivo.
Ma riprendo la mia storia: attesi tutto il giorno seguente restando nascosta nei paraggi della villetta, senza avere il coraggio di entrare nel giardino. Aspettavo il gatto che mi aveva salvato, sarebbe tornato? L’avrei seguito entrando nella gattaiola dietro di lui! All’imbrunire apparve Bianchetto con il suo pelo arruffato biancorosso e subito lo seguii. Sul pavimento della grande cucina c’erano quattro ciotole piene di cibo per gatti: per la prima volta assaggiai “l’umido”. Confesso che di fronte a quel ben di Dio mi passò di colpo la paura e finalmente mangiai a sazietà. E ancora prima che potessi accorgermi una mano calda mi accarezzò la nuca. E di nuovo scappai spaventata. Finì agosto e arrivò settembre. Di giorno gironzolavo nella campagna attorno alla villetta evitando umani, animali e macchine. All’imbrunire mi presentavo a cena anche da sola. Mangiavo un po’ di secco, poi cambiavo ciotola e prendevo l’umido, più in là c’era anche l’acqua. Se i gatti di casa stavano mangiando io aspettavo rannicchiata in un angolo..loro avevano la precedenza, non osavo avvicinarmi. Ero combattuta: erano davvero felici? erano fortunati? un gatto domestico perde la sua identità? e la libertà di girovagare per la campagna e non avere orari? erano tante le domande che mi facevo..alla fine i morsi della fame rispondevano per me. Man mano feci la loro ‘conoscenza’: Nerino, Nerone, Mammabianca e Bianchetto che andava e veniva. Ma più di ogni altra cosa non temevo più la mano della nonna che mi accarezzava. Imparavo giorno dopo giorno il linguaggio umano, la tenerezza della voce, il calore dell’affetto che scalda il cuore. I gatti si affezionano alla casa e non alle persone? Niente di più falso, ve lo posso assicurare io, Randi. Che ne ho passate di notti sotto un secchio rotto a sognare le carezze e i grattini della nonna.


giovedì 18 ottobre 2018

L'alleluia di Rina

Alleluia.
E’ un canto di lode di gioia di adorazione di emozioni.
Una grande meraviglia mi emoziona
Una grande sensazione mi emoziona
Un incontro mi emoziona e questi sentimenti per me sono Alleluia.
La mia ultima Alleluia:
circa venti giorni fa, di domenica, mi trovavo tra i monti della Valle Alta di Albino per visitare un Santuario; il Santuario della Beata Vergine di Altino. Ammirata osservavo l’altare, l’organo i vari quadri e affreschi, le navate, i voti e dietro l’altare una statua della Madonna  ai suoi piedi una piccola sorgente di acqua comparsa a un contadino assetato e sofferente insieme ai suoi due bimbi. Acqua che scorre dal 1946. 
Ebbene, spostandomi nella navata di sinistra un piccolo altare in marmo nero e rosa attrae la mia attenzione e ancora di più un’icona  attrae i miei occhi.
L’icona rappresenta La Madre Di Dio Della Tenerezza. La Madonna ha lo sguardo verso chi guarda, sguardo per me pensieroso e il Bambino è seduto tra le braccia amorevoli della sua Mamma. Il Bambino ha in una manina un foglio arrotolato che rappresenta la Bibbia. Quello che mi ha colpito è il viso del Bambino che allungando il collo, appoggia il suo viso al viso della Mamma guardandola con un Amore infinito, Tenerezza infinita e lo sguardo che non dimentico da quando l’ho visto, non solo ….. la sopresa quando ho visto un quadretto vicino all’icona con la scritta che probabilmente il Bambino IN QUEL MOMENTO stava raccontando come sarebbe morto alla sua Mamma.
Un’emozione fortissima mi ha colta in quel momento fino alle lacrime pensando al dolore che ha provato LA MAMMA e che dolore provava il Bambino nel raccontare la sua fine.
L’ alleluia è il sentimento che mi ha donato e lasciato quel momento e che a volte penso ancora.
Alleluia in fondo è anche rinascita.

mercoledì 17 ottobre 2018

Randi7

Uno dei momenti belli della vita e' quello della pappa. Da quando sono 'malata' mangio tre volte al giorno l'umido; mai successo in tutta la mia esistenza! Di solito ricevevo la sera una scatoletta di cibo per gatti, sempre della migliore qualità, che mangiavo in parte subito e poi durante la notte. Le crocchette invece non mancavano mai. 'Elimina troppe proteine, meglio abbondare con carne e ridurre le crocchette. Niente dieta, che mangi quello che le piace', Parole sacrosante quelle di Barbara! Purché non ingrassi! Ma come, peso tre chili e mezzo. Mai stata grassa! So di essere 'difficile', esigente in fatto di cibo e di aver spesso complicato gli acquisti di Cris e riempito la dispensa di scatolette 'archiviate' e poi finite ad altri gatti.
'Randi vieni dai, è ora della pappa!' Adoro questa frase, in realtà mi basta sentire 'pappa' per risvegliarmi di colpo. Mi metto ai piedi di Cris, in cucina, e aspetto paziente. 'Vediamo, vediamo cosa vuoi questa mattina?' mi dice compiacente aprendo l'anta della mia dispensa 'tonnetto con salmone, tonnetto con pesce azzurro, tonnetto con quinoa, tonnetto con alicette, tonnetto con manzo, tonnetto con papaya, tonnetto con acciughine...' Tutte cose che mi piacciono. Poi ci infila 'dieta renal function, sfilaccetti di tacchino, pollo renal adult, tonnetto con aloe (amarissima), mousse di pollo e mela...' cibo che mi fa rabbrividire. Ha del sadismo, ride! Penso che faccia apposta per tenermi sulle corde. Intanto sento il cucchiaino che sbatte sul fondo della mia amata ciotola azzurra, conto le volte che gira e rigira la 'mia' pappa, quanti pezzettini di tonno scuri di sangue rappreso butta, come la schiaccia per bene (mi sono rimasti pochi dentini)...E io aspetto. Cosa avrà messo nella mia ciotola? Sarà abbastanza umido? Mi piace da morire leccare quel brodino gelatinoso che amalgama bene la pappa. Sono immobile ai suoi piedi e pazientemente cerco di indovinare dal profumo cosa ha scelto per me. E spesso indovino, ho ancora dei 'buoni' baffi! Mi ci butto subito sopra e mangio da ingorda. Poi tocca a me divertirmi in po'! Vado sul tappeto della sala, le giro il sedere, mi pulisco il musetto fingendo di aver finito. Cris subito mi mette davanti la ciotola 'dai Randi, hai mangiato poco!'. Mangio ancora un po' e poi mi sposto sul lato opposto del tappeto..e lei subito mi riporta la ciotola e rimescola il cibo con il solito cucchiaino. L ultima tappa la faccio nel mio divanetto..li si ferma la mia ciotola con quello che resta del cibo. Non sempre ne approfitto dell'amore di Cris, quando c'è il mio piatto preferito in assoluto, tonetto con acciughine, lo lecco tutto senza interruzioni finanche la ciotola. Rispetto il cibo, conosco i morsi della fame e so che tanti mici vivono di stenti.
Come è stato per me, allora avevo cinque mesi e tra quelle erbacce morta di fame e sete, sola e spaventata, cercavo di venirne fuori. Ero impigliata da ore, più cercavo di districarmi più mi inoltravo  in quella fitta erbaccia secca. Quando mi abbandonarono quelle poche forze datemi dalla disperazione mi rassegnai a diventare cibo per qualche animale selvatico. Avevo miagolato chiamando aiuto per non so quante ore. Non avevo più fiato. Un fruscio improvviso mi destò dal mio torpore, girai il musetto verso il rumore: volevo vedere a chi sarei finita in pasto. Un muso bianco di gatto si paro’ davanti al mio. Ero finita! Pensai raggomitolandomi di piu’. Il gattone mi annusò poi si giro’ e allontanandosi mi apri un varco tra le erbacce. Ubriaca di debolezza lo seguii fino a rivedere il sole tramontare di quel caldo giorno di agosto. Lo temevo, per cui lo seguivo a distanza senza però perderlo di vista. Lui si fermava? Io pure. Lui annusava l'aria? io anche. Lui saltava piccoli ostacoli? per me erano montagne, cadevo, sbattevo il musetto..ricominciavo disperata. Non potevo perderlo di vista, non potevo perdere l’unica speranza di sopravvivenza. Infine saltando un muretto passo’ tra una staccionata, poi attraverso’ uno splendido giardino, si infilò in una gattaiola e scomparve. Tremando di paura spinsi con il muso lo sportello per sbirciare dentro. Che stupore! Vidi il mio 'salvatore' che mangiava avidamente, accanto altre ciotole di cibo e acqua. 'Bianchetto sei tornato? vieni che ti spazzolo'. Così scoprii che quel gattone dal pelo biancorosso, che pensavo fosse randagio, in realtà era di casa. Più il la’, su un comodo cuscino un altro gatto nero dormiva. La fame era troppa, vincendo la paura mi spinsi fino alla prima ciotola, vi infilai il musetto e finalmente dopo giorni provai a mangiare quelle sconosciute palline piccole e dure. Mentre cercavo di ingoiarne a più non posso, una mano leggera e calda mi accarezzò la nuca. Di colpo, con il cuore impazzito, mi fiondai nella gattaiola e fuggii nel campo oltre la villetta. Passai la notte nascosta sotto un vecchio secchio, sognando quella mano e il tepore della mia prima carezza.

lunedì 15 ottobre 2018

Teere

'Nonna è vero che esistono le ranocchie da noi?'
'Certo' rispose la nonna
'qualche volta esistono anche da noi' ripetè Teere saltellando sulla riva del laghetto, tenendo sempre gli occhi fissi sulla riva. Si fermarono sul pontile scaldato dal tiepido sole di quella domenica mattina autunnale e lì si sedettero entrambe.
Più in là un uomo seduto sulla panchina, il cappello in testa e un giubbino blu della festa e le scarpe lucide, parlava da solo; sul bordo dello schienale erano appese ad asciugare tre paia di calzine. Tutto l'intimo di sua scorta.
E più in là, sotto i pioppi il tavolone da picnic era occupato da tre donne con il Hijab, sorridenti distribuivano la colazione ai loro otto bambini. Senza chiasso, nessuno li sentiva. Molti jogginisti non li 'vedevano' nemmeno, quasi fossero inesistenti.
E più in là sul muro esterno di un centro sociale appena sgomberato, Anton stà dipingendo la grande figura un ragazzo seduto, tra le gambe una console. Il murales è dedicato a Can, il suo amico morto tre mesi fa. A tutti dice 'Can amava cantare'.
Teere non sa cosa la circonda, continua a giocare sul pontile, cerca le ranocchie tra le anatre intente a pulirsi, aspettando che arrivi la sera di quella tiepida domenica; aspettando il rientro a casa di suo papà partito senza di lei per un 'breve weekend'. La nonna ha tolto la giacca, ad occhi chiusi prende il sole sulla faccia. 

domenica 14 ottobre 2018

Calli

Nel sacchetto, ne era certo, c'erano dodici palline d'oro. Le aveva messe delicatamente contandole una ad una quella mattina, prima di partire per la 'residenza'. Adesso il guardiano davanti a lui, infilando la mano pelosa dentro sacchetto le aveva tolte una a una e deposte sul tavolo davanti a lui: 'una, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove'. La risata della guardia risuonò nella sua testa mentre Calli confuso assicurava che erano dodici. Per entrare nella 'residenza' e vedere sua moglie dovevano essere dieci, tante quanti gli anni in cui Francy vi era 'ospitata'. Non una in più non una in meno. Questa era la regola vigente, 'la legge' era uguale per tutti. La porta davanti a lui restava chiusa anche quest'anno. La risata sdentata del guardiano accompagnava la sua mano mentre rimetteva nel sacchetto le nove palline d'oro. E subito fu spinto fuori con una bastonata sulla testa dal secondo guardiano. L'orecchio destro colpito in pieno iniziò a sanguinare copiosamente. Ma Calli non ne sentiva il dolore, il macigno era sul cuore: aveva fallito anche questa volta. Dieci anni prima la sua bellissima e amata moglie Francy, accusata di non essere 'indifferente' a sufficienza, rientrando da un raduno sulla piazza a sostegno delle donne maltrattate, fu presa e portata come 'ospite' (così venivano definite le persone 'trattenute' per forza) nella 'residenza' (così era definita questo luogo di detenzione). La regola per visitare gli ospiti era: una pallina d'oro per ogni anno. Il primo anno Calli lavorò sodo per mettere insieme la pallina d'oro, si presentò sicuro che avrebbe visto Francy consegnado sorridendo il suo sacchetto al protocollo. Ma quando fu fatto entrare davanti alla porta il guardiano rovesciò sul tavolo un sacchetto vuoto. Fu bastonato e cacciato. Per altri cinque anni si era presentato con tante palline d'oro quanti gli anni che Francy mancava da casa. Ogni anno mancava una pallina. Pensò di aver capito e dal settimo anno mise sempre, inutilmente, una pallina in più. Questa volta Calli era speranzoso, aveva messo dodici palline d'oro nel sacchetto, due in più, una per ciascuno dei due guardiani, così ne sarebbero rimaste dieci, quante gli anni che sognava Francy.
Arrivato a casa Calli, depose il sacchetto con nove palline nel frigorifero e inizio subito a lavorare per prepararne altre, quell'anno gliene sarebbero servite undici..ma ne avrebbe messe almeno tre in piu! 'il tempo mi deve bastare' pensò contando le ore che lo separavano dalla visita annuale alla 'residenza: avebbe lavorato ogni notte e ogni giorno e forse si, ce l'avrebbe fatta. Ma aveva sbagliato a fare i conti. Forse apposta, forse per orrore. 

L'alleluia di Mary

La mia alleluia è il 21 Aprile di tanti anni fa
E' il tempo della scuola
E' mia madre che mi aspetta:"Non piangere tesoro!"
E' la nonna con le fiabe della sera
La mia alleluia sono le stagioni che accompagnavano il mio tempo felice
La mia alleluia è Verona citta' della nostra speranza
E' la tua mano che stringe la mia mentre salivamo al sesto piano
La mia alleluia e' dentro ogni porta e dietro ogni finestra dove immaginavo mille vite e anche la nostra
E' una scatola di cerini alla stazione
E' la mia porta che si apriva al tuo ritorno
E' l'ultimo messaggio lasciato al cellulare
E'quel regalo prima Natale
E' :" Appena staro' bene andremo un giorno al mare!"
E' il ricordo solo nostro di quel mare
La mia alleluia è la nostra panchina
E' svegliarsi un mattino e scoprire che è stato un brutto sogno
E' dieci anni della mia vita per dieci della tua
E' il caldo abbraccio di amicizie lontane
La mia alleluia piu' grande sarebbe il tuo ritorno

venerdì 12 ottobre 2018

William

Aveva sposato Lisa subito dopo la laurea, in fondo si conoscevano delle elementari. Le famiglie si frequentavano da sempre e loro due praticamente giocavano insieme fin dai lego dai '3 anni in su'. William aveva passato la sua infanzia, poi l'adolescenza e quindi la giovinezza con lei, un tenero e profondo sentimento di bene, di amicizia e di confidenza li univa. Entrambi figli unici, erano anche una sorta di fratelli, si spalleggiavano, si difendevano a vicenda, si capivano al volo. Quando tra di loro c erano incomprensioni o punti di vista diversi (e soprattutto durante gli anni dell'università ciò accadeva sempre più frequentemente), era sempre William a cedere, ad evitare discussioni. Lisa non mollava mai, voleva sempre aver ragione e lui lo sapeva. In fondo, si diceva, a cosa serve discutere con lei!
All'eta' di quart'anni William si era innamorato perdutamente di El senza mai confessare il suo amore.  Lavoravano insieme, fianco a fianco, nel laboratorio di ricerca. Passavano il badge al mattino alla stessa ora, bevevano il caffè al bar con gli altri collegi sdrammatizzando e scherzando sulle miserie umane, mangiavano  insieme alla mensa dell'ospedale, discutevano e condividevano i buoni risultati e i fallimenti delle loro ricerche, schiacciavano il telecomando all'unisono delle loro auto e uscivano dal garage alla stessa ora. William guardava El andarsene nella strada opposta alla sua, sopportava la sera e la notte solo perché il giorno dopo sarebbe stato identico a quel giorno. Con El a suo fianco. E il suo  felice e smisurato amore  inconfessato chiuso nel petto da oramai quindici anni.
Quando la figlia lo trovo' riverso a terra nello studio di casa, con il viso aperto da un colpo di pistola, non riuscì a pensare a nulla. Nella mano destra William teneva ancora la pistola. Sia lei che sua madre avevano passato con lui l'intera domenica, nella solita tranquillità famigliare.  Il giorno dopo dovevano tutti e tre andare al lavoro come ogni lunedì.
Ma El quel lunedì non avrebbe passato il badge. William lo sapeva, era andato al suo funerale due giorni prima.

mercoledì 10 ottobre 2018

Randi6

Mi piace grogiolarmi nel mio morbido divanetto beige con fiori, soprattutto quando il sole del mattino scalda la vetrata. Appoggio il mio musetto sul bordo imbottito a un centimetro dal vetro e da lì mi godo il 'mio mondo' esterno: a destra il parco e le sue grandi piante, in basso davanti altri alberi e in lontananza le case rosse, a sinistra la strada e poi gli orti. Ma di fronte ho il cielo! al sesto piano è bellissimo, ho visto le albe infuocate di questo caldo estate, il cielo stellato e l'eclissi. Eppoi vedo passare tantissimi aerei, di alcuni conosco la rotta, puntuali al solito orario li sento arrivare in lontananza; ad esempio alle 6.45 arriva il boeing da Abu Dhabi, poi quello delle 7,20 da Shanghai, entrambi diretti a Malpensa. E così via. Se ritardano o anticipano li riconosco ugualmente, conosco il rombo dei loro potenti motori. Oggi il sole inonda la stanza, amo tantissimo questa casa luminosa, soprattutto questo (per me) bellissimo salone. Sono qui da soli sette mesi, i traslochi mi innervosiscono, questo è il terzo; spero sia l'ultimo. Mi piace molto, tanto che mi sembra di aver sempre vissuto qui. La casa rappresenta per me la pace dentro, il tepore del tempo che passa lento senza mettermi ansia, la sicurezza di non correre alcun pericolo, l'amore della famiglia che ricevo e che posso dare; non mi capita mai di voler essere da un’altra parte. Sono terribilmente attaccata a queste 'cose'. Sarà per via di quel pomeriggio che rientrando non trovai più la mia 'cuccia', la mia mamma gatta e i miei fratellini. Durante la giornata avevano portato via il legname, con con esso la mia 'casa' e tutto quello che significava per me. Avevo cinque mesi. Spaventata dai rumori, rannicchiata sulla terra nuda diventai una pallina e piansi fino a metà notte, poi decisi di non miagolare più per non attirare l'attenzione dei tanti animali che giravano nella zona. Mi convinsi che al mattino la mia mamma gatta sarebbe venuta a cercarmi e quindi mi conveniva restare lì, esattamente lì dove ero nata, in una nicchia sotto una catasta di legna. Non mi accorsi dei colori dell'alba, nè dopo del tepore del sole d'agosto. Aspettavo la mia mamma gatta. Quel giorno lo passai così, ora dopo ora, testarda su quel pezzetto di terra nuda aspettando e miagolando ad ogni rumore affinchè la mia voce raggiungesse la mia mamma e la riconoscesse subito. Sicuramente mi stava cercando! Arrivò la sera, poi la notte e poi ancora un altro giorno afoso di agosto. Mi convinsi amaramente che mia mamma mi aveva abbandonato. Avevo fame e sete, le orecchie mi scottavano, il nasino era asciutto. All'alba del terzo giorno decisi di abbandonare la piccola fossa che si era formata sulla terra nuda dove ero stata ferma immobile in attesa per tutte quelle ore. Quale direzione prendere? raddrizzai i miei baffetti, odorai l'aria e andai diritta, difronte a me c'era un grande prato; pensai che camminando in quella folta incolta erba nessuno mi avrebbe visto. Raccolsi le mie poche forze e dinoccolando, spaventata, mi infilai veloce sotto il primo ciuffo di erbacce e subito mi accorsi di essere in trappola. Le mie zampette erano troppo corte per farsi strada tra quel groviglio, non riuscivo nè a procedere e nemmeno a tornare indietro.


martedì 9 ottobre 2018

Guapo

Vi ho accennato del mio carissimo amico micetto Guapo, voglio condividere con voi la sua breve ma felice esistenza con la sua famiglia umana. Quando Samu lo vide la prima volta in quella casa camuna in riva al fiume se ne innamorò. Aveva nemmeno due mesi e stava tutto nella sua mano. Guapo si attaccò a lui come in un abbraccio e questo sancì la loro unione. Come poteva non portarselo a Milano?  Certo lasciava i suoi fratellini, la mamma micia, i cani, il serpente, il merlo parlante, la farfalla errante, il verde e il suono delle gorgoglianti acque dell'Oglio. Beveva ancora dal biberon per integrare il latte materno e Gian era allergico al pelo dei gatti. Questi problemucci furono superati e Guapo lascio' la campagna per la città: la sua nuova famiglia umana già l'adorava e lui lo stesso. Il nome, in onore dell'amata Spagna, fu il più azzeccato: Guapo, bello! In effetti Guapo era un bellissimo soriano, con il suo manto tigrato dal pelo corto, nero grigio. Dopo un anno arrivo' a fargli compagnia una micetta, Hope, speranza. Abbandonata dalla mamma insieme ai sui tre fratellini nella campagna del varesotto vagava da sola senza speranza. Fu raccolta dalla famiglia di Samu e nutrita con la siringa. Così Hope divenne la compagna preferita di Guapo. Inseparabili fino a un mese fa. Tutto cominciò per una cistite, sembrava una cosa risolvibile. Guapo passò sei giorni in una clinica veterinaria dove vennero prestate le cure ritenute necessarie, ma ahimè gli venne lacerata per errore l'uretra. In quei sei lunghi giorni resto' pressoché immobile, come in coma. Si svegliava da quel torpore solo quando tentavano inutilmente di cateterizzarlo, allora raccoglieva tutte le sue forze e miagolava spasmodicamente dal dolore. A nulla sono valse le richieste dei suoi genitori umani di sollevarlo dalla sofferenza. La terapia del dolore non può essere una prerogativa umana! Anche gli animali devono poterne usufruire! ‘Tanto sono animali’ e quindi si pensa ingiustamente che noi non si soffra? Oppure in quanto animali sia 'giusto' che ci teniamo il nostro dolore? Credo che anche per noi la terapia del dolore e le cure palliative debbano diventare una consuetudine. Il settimo giorno Guapo, fu portato in un'altra clinica veterinaria ma non si poté fare altro che sopprimerlo. Aveva due anni. Sei giorni di sofferenza avevano cancellato dal suo dolce musetto e dai suoi vivaci occhi, il ricordo di un esistenza felice e armoniosa. Hope per tre giorni ha rifiutato il cibo, lo cerca ancora. Continua ad aspettare il suo Guapo.
Mi sembra di aver detto tutto. No, che Guapo manca a tutti noi. Tanto. Ciao Randi

               Guapo e Hope                                      Guapo a due mesi                                  

domenica 7 ottobre 2018

Randi5

Il momento più doloroso e' quando entra l'ago del numero diciannove! Ma la cosa più umiliante e' quella di sentirmi imprigionata in una morsa, avvolta in una morbida copertina gialla e nera che mi immobilizza le zampe davanti, mentre quelle dietro sono strette in una mano. Mi sento come una persona dentro una camicia di forza. Ho già fatto otto flebo, questa è la nona! La prima sul lettino della clinica veterinaria, me l ha fatta Barbara in modo tale che Cris potesse imparare. Colpa dei miei reni che non vanno bene, devono idratarmi, perché urino troppo. L'ago entra sotto pelle e la fisiologica scende veloce, in poco tempo mi ritrovo con un palloncino di acqua e la pelle della schiena tirata al massimo. A casa e' andata maluccio..il tutto si svolge nello studio che per me è diventata la stanza delle torture. La scala come piantana, la flebo appesa, l'odore del disinfettante, l'ago già pronto..mi prendono in braccio all'ultimo momento per non agitarmi ma quando entro mi impressiono ogni volta. La prima volta Cris era piuttosto tesa, non ero posizionata bene, il liquido scendeva piano e l'ago dopo poco e' uscito spruzzando acqua ovunque. Nel mentre mi sono liberata e mi sono salvata sotto il letto. La seconda volta mi ha bucato due volte perché l'ago era uscito nuovamente da sotto la pelle, la terza volta mi ha bucato sulla spalla gonfiandomi così la zampetta, la quarta volta mi ha bucato al rovescio e così via..finalmente questa volta è andata bene, nel senso che la mia posizione era corretta, la posizione dell'ago pure e la soluzione somminstrata era giusta: 125ml. Finalmente! Pesa di più a Cris che a me, lo so. Quando ha sentito la triste storia di Guapo, un micetto nostro amico, mi ha preso in braccio e stringendomi mi ha detto 'non ti ricovererò mai, ti curerò sempre a casa'. Per questo sopporto le flebo, le iniezioni, le sue imprecisioni quando mi infila l'ago sul dorso della schiena e tanto altro... So che manterrà la promessa che mi ha fatto! 

sabato 6 ottobre 2018

Randi4

La mia mamma umana si chiama Cris sono con lei da sedici anni. Non mi ha scelto in un gattile né le sono stata donata. Sono nata dietro una catasta di legna che era primavera, i campi e i prati stavano rinverdendosi. Nel lato opposto della nostra tana c'era il nido di una coppia di fagiani, da lì a poco sarebbero nati sette chiassosi piccoli sempre affamati. Io e i miei due fratellini stavamo attenti a starcene nel nostro 'territorio' per evitare i becchi dei genitori fagiani. Ma la campagna Pavese e' bellissima e fai conoscenza e amicizia con un sacco di animali! Li attorno c erano parecchie villette  con giardini ben curati. Maggio e giugno li passai sonnecchiando nella mia tana, aspettando di potermi attaccarmi alle tettine piene di buon latte della mia mamma gatta, ad ogni suo rientro. La ricordo con bellissimi baffi lunghi, una lingua calda e ruvida che mi passava sulla testa e sulla schiena per pulirmi,  aveva un pelo più scuro del mio un po' arruffato, era agile e magra. Riconoscevo il suo passo e il suo odore da lontano, quando arrivava davamo la caccia alle sue tettine: dovevo vedermela con i miei due fratellini maschi più forti di me. Ero sempre affamata! Per passare il tempo giocavo a rincorrere sassi rotondi, rametti, mosche, lucertline topolini e ogni cosa che si muoveva. Senza in realtà combinare molto. Poi iniziai a muovermi attorno alla nostra area per procurarmi cibo, la mia mamma gatta ci portava vicino alle case dove c erano molti rifiuti umani; i topolini e gli uccellini da cacciare non erano molti ed erano preda dei tanti gatti randagi che vivevano in quella stupenda campagna. Ero piccola ma dovevo darmi da fare: ero sempre affamata! Nel mese di agosto cominciai ad andare a 'caccia' anche da sola, a passeggiare nei campi attorno alla tana, a perlustrare la zona. Avevo fatto amicizia con altri micetti e spesso passavo le ore a giocare con loro. Fu proprio uno di quei giorni che rientrando nel tardo pomeriggio non trovai più la catasta di legna; pensai perfino di aver perso i baffetti e quindi l orientamento! Girai attorno più volte, annusai il terreno: si l'odore era inconfondibile, avevamo marchiato il nostro territorio non so quante volte! La legna era sparita, e con lei la mia 'cuccia' , i miei fratellini e la mia mamma gatta. Al loro posto un quadrato di terra umida e scura. Dopo aver miagolato a lungo e pianto di dolore, passai la notte sdraiata sul punto esatto dove c'era la mia 'casa' natia. 

giovedì 4 ottobre 2018

Randi3

Non ho tanta voglia di scrivere oggi, sono stata un po' sul terrazzo al sole, ho dormicchiato, rincorso con gli occhi una mosca che poi se ne volata via... Barbara la mia bravissima veterinaria ha telefonato per dirci i risultati dell esame della mia urina. Sono migliorata, la perdita di proteine si è ridotta di molto..ma devo continuare le cure! Ma perché dico io, se sono migliorata devo continuare!??! Non sono a posto ancora, mi tocca! È stressante...a giorni alterni mi fanno una flebo, poi due iniezioni alla settimana, ogni mattina prendo il protettore per lo stomaco e mezza siringa di enterogermina, due gocce in acqua di ribes nero..all'occorrenza anche il remover e poi altri prodotti omeopatici che non ricordo. Pensavo di liberarmi almeno delle flebo, sono molto molto fastidiose e l'ago essendo grosso quando entra sulla schiena mi fa male. Psicologicamente poi questa cosa mi disturba, mi mette ansia solo a pensarci. Domani è giorno di flebo! Ho il morale sotto le zampette.


mercoledì 3 ottobre 2018

Randi2

La porta della camera chiusa e' il segnale che qualcosa mi deve accadere. Infatti quando mi sento in pericolo mi rifugio sotto il letto. Esco solo dopo molte preghiere 'dai Randi vieni, fai la brava, vieni dai' e così' via. A volte mi lascio prendere dalla tenerezza verso quell'imploro e esco; allora mi sento un sacco di complimenti 'brava, bravissima' e anche qualche grattino sulla testa. Il più delle volte resto sotto il letto costringendola a scivolare fino a me. Mi diverto a vedere la sua pancetta schiacciata sul parquet..ci sta appena appena sotto il letto. Per tenerla lunga mi sposto dalla parte opposta, in fondo e lei deve rientrare dall altra parte. Potrei andare avanti un pezzo però alla fine le voglio bene, ho fiducia in lei e mi lascio prendere. Di solito mi somministra medicinali o ricostituenti naturali, oppure mi lava la schiena con un panno profumato pensando di rinfrescarmi; in realtà il profumo non mi piace molto. Altre volte è solo per mostrarmi agli amici o parenti. Cosa che non sopporto proprio! Non sono portata per la vita sociale anche se in quelle occasioni faccio il pieno di carezze e complimenti.
Oggi invece era chiusa la porta del bagno! Raramente succede: quando ci sono ospiti, oppure d inverno se c è la stufetta accesa perché qualcuno fa la doccia...  insomma non ricordo altri motivi. Protesto miagolando educatamente. Li', dentro il mobile, nell apposita nicchia, c'e la mia lettiera! Bianca e azzurra con davanti un bel tappetino marrone, morbido e sempre pulito. Mi è caro quel posto! Miagolo un po', cerco di infilare sotto  la zampina nel tentativo di aprirla, rivendico i miei diritti 'forse la porta e' chiusa per sbaglio?  Ti sei accorta che la porta e' chiusa? Aprimi devo fare pipi', Finalmente la porta scorre di lato, entro e nella mia lettiera trovo solo un mucchietto di palline di plastica! Non ho mai visto una roba del genere: niente foderina igienica, dove è finita tutta  quella bella sabbia profumata? Sono perplessa, chiedo spiegazioni, chiedo la mia sabbia..dopo un po' mi arrendo, faccio quello che devo fare chiudendo gli occhi e me ne vado davvero incredula per come mi ha ridotto la mia lettiera! Spero che sia la prima e l ultima volta: questo non è igienico ne confortevole. La mia mamma umana con un pipetta raccoglie un campione di urina e la mette in un piccolo contenitore. Domani la porterà dalla mia veterinaria per l'esame. Un controllo mi dice 'ma tu non devi venire'. Che sollievo! Sono disposta a fare mille pipì sulle palline di plastica..ma lasciami a casa. Si lasciami a casa, qui sto bene. 

martedì 2 ottobre 2018

Randi1

Ho conosciuto Nerino che avevo cinque mesi, la seconda volta che mi infilai in una gattaiola e piu avanti nel tempo durante i miei brevi soggiorni nella sua famglia umana, ero loro ospite quando la mia mamma umana non rientrata  a casa. Di solito si occupava di me la nonna e talora mi portava a casa sua, lì c'era anche il giardino. Non ho mai legato molto con i tanti gatti e gatte della famiglia, nemmeno con Chicco, il cane di allora. Facevo un giretto nel giardino e poi mi mettevo sopra l'armadio: da lì il mondo era diverso e nessuno mi importunava. Così facendo la nonna alla fine capì che non mi andava e non mi portò più a casa sua. In quelle occasioni osservavo Nerino, bellissimo, con un pelo nero lucido e lo sguardo magnetico. Non aveva l'aspetto da macio, ma una certa signorilità maschile; un tenerone coccoloso. Non mi ha mai importunato nè fatto il filo, nonostante credo fossi la più bella del gruppo. 
Ho sentito la sua storia e sono rabbrividita. Anch'io ho avuto una diagnosi, non infausta come la sua, ma sempre una malattia fastidiosa: insufficienza renale cronica. Dicono dovuta all'età. Me li porto bene ma sono sedici anni suonati!
Da quando Nerino è morto ho pensato che probabilmente toccherà anche a me la sua stessa sorte. In fondo non possiamo vivere in eterno. Mi sono concentrata sui discorsi riguardanti gli ultimi momenti della sua vita, per capire proprio se abbia sofferto o meno durante la dipartita. Quella flebo che dicono addormenti...e vai senza accorgerti. Mah! tengo dei dubbi in proposito ma non ho altri elementi di valutazione. La parola 'sopprimere' mi spaventa.
Ieri ho pubblicato un estratto del diaro mentale di Nerino..ma forse è meglio qualcosa di più materiale ed evidente. Ho deciso quindi di tenere un diario quotidiano, così i miei simili potranno leggere e conoscere quel che resta della mia esistenza, qualcosa che possa servire loro. Almeno spero. Oggi è la mia prima volta al computer! A domani micetti e micette

  

lunedì 1 ottobre 2018

Nerino

estratto dal diario spirituale di Nerino
E' capitato un anno fa: camminavo a fatica, la zampa mi duoleva, non avevo appetito e passavo gran parte del tempo sdraiato sul terrazzo della sala. La notte mi mettevo nel mio angolo preferito: un puff mordisssimo. Lì passava la mia mamma umana per farmi le carezze prima del sonno. Si, acquisita perchè la mia vera mamma gatta non me la ricordo. Ma non ho mai sofferto la sua mancanza: la mia famiglia umana mi adorava e i miei 'fratelli' gatti e gatte erano tollerabili e tolleranti. Ognuno di noi si è sempre fatto i fatti propri; la casa e il giardino erano grandi, c'era posto per tutti.
Un anno fa mi portarono in una clinica per animali e fui operato di sarcoma muscolare. Dissero che più di quello non potevano fare e capii che non mi restava molto da vivere. Ero bruttissimo con quella grossa cicatrice dalla coscia sinistra fino alla schiena, i punti stretti, senza il mio bel pelo nero. Il dolore era sopportabile, evitavo quindi di miagolare per non disturbare e soprattutto per non far soffrire la mia famiglia umana. Però mi sembrava che tutti i miei parenti e amici mi evitassero 'povero Nerino, come è messo male e quanto è magro. Speriamo che il pelo ricresca, quella ferita è proprio devastante'. Facevo compassione e lo comprendevo, mi ero visto passando davanti allo specchio della camera. Ma i commenti non mi interessavano, mi dispiaceva di più il fatto che evitassero di accarezzarmi e di prendermi in braccio. Presumo per paura di farmi male.
Dopo un anno, ora mi stanno portando in clinica di nuovo. Da come piange la mamma umana e la mia sorella umana penso che siano preoccupate per me. E nonostante stia malissimo raccolgo le mie ultime forze e comincio a fare le fuse per far loro vedere che sono ancora in forma. Le loro carezze mi riscaldano il cuore.
Mentre inerme, sfinito, sdraiato sul lettino mi mettono la mia ultima flebo continuo a fare le fusa per consolarle, le loro lacrime me ne danno la forza. Morirò lentamente facendo le fusa per loro. Spero solo di non soffrire. Ho vissuto felice per diciassette anni. E ora che dire..va bene così!